Antonio
lavora come consulente aziendale, fuma ancora marijuana ma è un uomo serio.
Il suo
passato studentesco è solo una miniera di aneddoti da cui attingere nei dopocena.
Antonio
non vede l‘ora che finiscano i discorsi leggeri per poter iniziare ad abbordare
questioni più complesse, da adulti.
Ad esempio
la questione cinese gli sta a cuore, ha una sua teoria per spiegare il successo
dei cinesi.
Lavorano
con meno diritti sindacali ma in modo più efficiente, con maggior impegno, cita
come esempio tale Yang, un tizio che si occupa dell’assistenza per Blackberry e
I Phone.
Aggiusta e
risolve in due giorni dove altri ce ne impiegano dieci, nel suo laboratorio
piccoli cinesi non si staccano nemmeno un attimo dai visori che utilizzano per
intervenire sui circuiti hardware.
Yang ha
imparato pure a trattare con i clienti, offre degli sconti, pratica non più
consueta fra i commercianti italiani.
Parla di
Yang con chiaro rispetto, quello concesso ai vincenti.
Si sta prendendo tutto il mercato
romano annuncia
con enfasi.
Malgrado
la sua aria simpatica, alla mano e i capelli scarmigliati in modo gradevole, immediatamente
ho diffidato di Antonio.
Aveva un orologio
troppo ingombrante al polso e mi ha stretto la mano con forzata cordialità.
Ora
mentre parte da Yang e prosegue con questioni di politica economica, sta
perdendo pian piano interlocutori.
Le donne
hanno la scusa di sistemare il tavolo del buffet, altre stanno giù in cucina, è
rimasto solo un ragazzo dall’aria simpatica, di quelli rigidi, seri, ma con un
ghigno di sarcasmo incollato sempre alle labbra.
Mi delude
perché lo sta ad ascoltare e mostra di approvare, ogni tanto interviene
portando i suoi esempi.
Lavora
per una casa editrice di libri per l’infanzia,stampano libri di cartone
pieghevoli per bambini da 2 a 4
anni, tutto è prodotto in Cina, i suoi esempi però mi paiono sbiaditi rispetto
al lampante modello di Yang e del suo
laboratorio.
Mi immagino che un discorso del
genere sia affrontato in forme e modi diversi in miriadi di abitazioni simili a
questa.
La festa in terrazzo si è conclusa,
siamo nell’ingresso ed io devo sorbirmi mezzora di conversazione senza avere
alcun desiderio di intromettermi e spezzare quel portentoso equilibrio di buon
senso.
É così incantevole quanto la gente
si trova d’accordo,
mi ricordano quelle cene di avvocati
e professionisti di provincia, dove al momento dell’amaro tutti reputano altamente
desiderabile proclamarsi concordi su alcune questioni di fondo.
E’ un atteggiamento che rende gli
animi pronti alla digestione e prepara al sonno ristoratore.
Non sopporto più i discorsi normali,
hanno la funzione di appianare ogni differenza.
Non importa se nella discussione ci
impieghi la competenza del professore universitario, del giornalista con
l’esperienza radicata sugli esteri, oppure semplicemente quella media e sensata
del lavoratore alla prese con
committenti cinesi alla Yang.
In ogni caso sempre di cazzate si
tratta e le persone spesso se ne accorgono perfino, anche se a volte dissimulano
bene dando alla conversazione un’inutile aria di importanza .
In realtà nel frattempo tutti
pensano a cosa avverrà dopo, ad una tizia da scopare, a un dubbio d’amore da
risolvere, tutti stanno pensando a dopo e nessuno ha il coraggio di affermarlo a
voce alta.