giovedì 24 gennaio 2013

Contro soliti discorsi


Antonio lavora come consulente aziendale, fuma ancora marijuana ma è un uomo serio.
Il suo passato studentesco è solo una miniera di aneddoti da cui attingere nei dopocena.
Antonio non vede l‘ora che finiscano i discorsi leggeri per poter iniziare ad abbordare questioni più complesse, da adulti.
Ad esempio la questione cinese gli sta a cuore, ha una sua teoria per spiegare il successo dei cinesi.
Lavorano con meno diritti sindacali ma in modo più efficiente, con maggior impegno, cita come esempio tale Yang, un tizio che si occupa dell’assistenza per Blackberry e I Phone.
Aggiusta e risolve in due giorni dove altri ce ne impiegano dieci, nel suo laboratorio piccoli cinesi non si staccano nemmeno un attimo dai visori che utilizzano per intervenire sui circuiti hardware.
Yang ha imparato pure a trattare con i clienti, offre degli sconti, pratica non più consueta fra i commercianti italiani.
Parla di Yang con chiaro rispetto, quello concesso ai vincenti.
Si sta prendendo tutto il mercato romano annuncia con enfasi.


Malgrado la sua aria simpatica, alla mano e i capelli scarmigliati in modo gradevole, immediatamente ho diffidato di Antonio.
Aveva un orologio troppo ingombrante al polso e mi ha stretto la mano con forzata cordialità.
Ora mentre parte da Yang e prosegue con questioni di politica economica, sta perdendo pian piano interlocutori.
Le donne hanno la scusa di sistemare il tavolo del buffet, altre stanno giù in cucina, è rimasto solo un ragazzo dall’aria simpatica, di quelli rigidi, seri, ma con un ghigno di sarcasmo incollato sempre alle labbra.
Mi delude perché lo sta ad ascoltare e mostra di approvare, ogni tanto interviene portando i  suoi esempi.
Lavora per una casa editrice di libri per l’infanzia,stampano libri di cartone pieghevoli per  bambini da 2 a 4 anni, tutto è prodotto in Cina, i suoi esempi però mi paiono sbiaditi rispetto al lampante modello di Yang e del  suo laboratorio.


Mi immagino che un discorso del genere sia affrontato in forme e modi diversi in miriadi di abitazioni simili a questa.
La festa in terrazzo si è conclusa, siamo nell’ingresso ed io devo sorbirmi mezzora di conversazione senza avere alcun desiderio di intromettermi e spezzare quel portentoso equilibrio di buon senso.
É così incantevole quanto la gente si trova d’accordo,
mi ricordano quelle cene di avvocati e professionisti di provincia, dove al momento dell’amaro tutti reputano altamente desiderabile proclamarsi concordi su alcune questioni di fondo.
E’ un atteggiamento che rende gli animi pronti alla digestione e prepara al sonno ristoratore.

Non sopporto più i discorsi normali, hanno la funzione di appianare ogni differenza.


Non importa se nella discussione ci impieghi la competenza del professore universitario, del giornalista con l’esperienza radicata sugli esteri, oppure semplicemente quella media e sensata del lavoratore alla prese  con committenti cinesi alla Yang.
In ogni caso sempre di cazzate si tratta e le persone spesso se ne accorgono perfino, anche se a volte dissimulano bene dando alla conversazione un’inutile aria di importanza .
In realtà nel frattempo tutti pensano a cosa avverrà dopo, ad una tizia da scopare, a un dubbio d’amore da risolvere, tutti stanno pensando a dopo e nessuno ha il coraggio di affermarlo a voce alta.

giovedì 10 gennaio 2013

Contro feste finte hippie


Il titolo dell’evento è Immence love.

La stradina che ci porta al villino è di quelle strette che si sono fatte spazio fra le case assumendo con il passare del tempo la natura di autentica strada.
Prima sabbia, poi ghiaia, quindi il passaggio all’era dell’asfalto e la riconoscibilità pubblica per mezzo di targa apposita e rintracciabilità sul gps che ci consente di arrivare a destinazione.
La casa bassa è stata tirata su grazie a condoni successivi o a piani regolatori lassisti degli anni ‘70, è in una  zona di Roma periferica ma in direzione mare dove ancora è intensa l’attività di costruttori piccoli e grandi, attorno incombenti scheletri di calcestruzzo.

Appena entriamo dentro, il padrone di casa, in maglietta rossa con su stampato il logo della manifestazione, ci accoglie con il suo miglior sorriso.
Ci invita a depositare le bevande nei bidoni neri stracolmi di ghiaccio secco.
Spiega le pochissime regole dell’evento e ci raccomanda di lasciarci andare, sembra lui il primo a non esserne persuaso.
Andiamo a rifornirci di cibo a un buffet, sono le quattro e mezzo e la masturbazione mi ha fatto venire ancora più fame.

Alla festa ci sono fintissimi figli dei fiori, la cosa peggiore è che il lunedi andranno a lavorare e già si accingono a lamentarsi ad alta voce della crisi che potrebbe mettere a rischio il loro posto fisso.
Sul loro giornale di riferimento il direttore barbuto e ottuagenario oggi descriveva liricamente gli arbusti della residenza estiva del presidente della repubblica che sta andando a intervistare, definiva ilare il verso dell’upupa che risuonava nel parco antistante l’edificio, quindi si dichiarava preoccupato per il paese.

Il regolamento affisso su una bacheca con ghirigori grafici attestanti vane ambizioni creative prevede scoppi di gioia improvvisa, mi guardo attorno, la spensieratezza mi sembra immotivata.
Sul prato verde rasato meticolosamente persone sdraiate, consentito l’uso di marjuana con moderazione, i gruppetti restano separati, alcuni sono venuti con compagna e se la tengono stretta gelosamente, altri addirittura con bambini molesti che spruzzano acqua dalle pistole e cercano di fregarti il posto al tavolo del ping pong.

Sono tutti lavoratori che credono nell’amore e non lo compiono.
In una festa simile negli  anni ’70 ci sarebbero stati degli accoppiamenti esibiti, qui invece tutto termina con delle simulazioni.
Simulazioni di barbecue alll’americana, simulazioni di ubriacature, simulazioni  di musica.
Un tizio monta una batteria Pearl con doppia cassa, prevedo del rock, invece un trio suona del rytmn’ and blues blando alternato a classici degli anni ’60  e ’70, un medley di Doors e Led Zeppelin che seguo a fatica, qundi partono delle improvviszioni che non portano a nulla.
Non sopporto gli  assolo ecco perchè  mi annoio spesso ai concerti jazz, prima o poi inizia sempre uno con il suo maledetto pezzo solista, presume di dimostrare la sua bravura; gli anni passati ad imparare uno strumento sono esposti tutti lì davanti a te, a farsi ammirare.
Gli altri musicisti stanno lì senza far niente, aspettano annoiati anche loro come me ma fingono di essere estasiati, ogni tanto abbassano la testa con un segno di approvazione, altre volte la scuotono simulando uno stupore per una capacità tecnica intravista da loro e che io trovo vana.

E’ un grande trucco, tutti fingono di credere in qualcosa su cui non c’è alcun fondamento.
Detesto i musicisti, quasi il 99 per cento di loro non valgono nulla, bisognerebbe promulgare una legge che preveda una patente per suonare in pubblico, detesto sopratuto le cover band, cosa spinge a cantare canzoni di altri e vestirsi come se fossimo in un’altro tempo ?
Bisognerebbe provare ad essere originali nella vita, anche se si sbaglia, bisognerebbe sempre cantare nella lingua che ti hanno insegnato da piccolo, cantare in un’altra lingua non ti riuscirà mai bene.
Alla migliore cover band preferisco la band di dilettanti che hanno il coraggio di lasciarsi demolire da quelli come me.
E’ piu facile fare il musicista che lo scrittore se vuoi beccare figa, forse è questo il motivo di tutti questi suonatori.
Anche questi tre che suonano oggi stanno esibendosi solo per la figa.
Il tastierista si mette a petto nudo, ogni tanto scherza imitando le voci di quelli famosi.
Sopratuttto Berlusconi, funziona sempre Berlusconi, ha la voce pù imitabile del mondo, nessuno è come lui, penso che si sia scelto la sua voce di proposito come il sorriso che secondo quelli di Repubblica è dovuto a uno specifico allenamento intensivo di un osso, il massettere, ci scrissero un pezzo assurdo anni fa.
Non riesco a nascondere la noia, leggo senza alcun interesse una rivista, mangio per occupare il tempo, fisso per quasi mezzora una ragazza che fa roteare dei nastri,  assolutamente conscia di avere un gran culo.
Il culo è fasciato da un pareo, il perizoma divide in due sezioni perfettamente simmetiche le chiappe, commento con un mio amico.
Psservo i movimenti di tizi che provano approcci rapidi e goffi, noto con indifferenza i tentativi senza conseguenze.
Qualcuno alla fine della festa resterà sull’erba a guardare le stelle pensando che anche stavolta non è riuscito a metterlo dentro a nessuna e che domani si lavora, e via di questo passo con le recriminazioni.

Dall’altra parte del giardino arriva la voce chiara e ben amplificata dell’organizzatore che estrae i numeri della lotteria  di autofinanziamento, in regalo magliette, borse e cappellini che sottoscrivono l’allegria.
Prima di iniziare l’estrazione il ragazzo con barbetta incanutita ringrazia il padre e la madre, anche se cerca di essere leggero il tono della voce risuona emozionato,  la cosa mi fa ribrezzo.
Il padre ha più personalità del figlio, non è mai stato un hippie ma ha pensato per un momento di volerlo diventare.
A fine serata i musicisti smettono finalmente di suonare, qualcuno seleziona delle canzoni da un computer per far ballare la gente, è un ballo che non ha scopi sessuali, è completamnte autosufficiente, inutile, c’è il triangolo di Renato Zero, tainted love, tutte parlano di sesso, nessuno raccoglie il suggerimento.

La coppia piu sensuale è formata da due sessantenni insegnanti di liceo venuti qui con pantaloni colorati, lui a petto nudo si bacia la bella quasi andata, se la tira sulle gambe mentre in sottofondo c’è una canzone dei Beatles.
Gente più giovane di me si scatena ascoltando il twist, li compiango scuotendo la testa mentre mi muovo in pista simulando scioltezza.



mercoledì 9 gennaio 2013

Contro l'assenza



É arrivata la perturbazione.
I giornali on line titolano Roma in ginocchio.
Le polemiche stanno per cominciare ma non mi toccheranno, sono contento.
Vedo in Internet un film di Bergman, per molti versi è disperato ma è così bello che non comunica angoscia, solo una forma di gratitudine.
Applaudo su alcune scene; il mio applauso, muto al cinema, a casa può diventare finalmente rumoroso.
Fuori c’è silenzio, crescerà man mano che le ore passeranno e le auto non potranno circolare.
Le istituzioni dicono di rimanere a casa a meno di non avere urgenti necessità, ci vogliono al calduccio mentre sdraiati sul divano guardiamo le loro televisioni, la loro emergenza incessante, ansiogena.
Parla il ministro e guardo i fiocchi cadere, fa una dichiarazione il sindaco e chiedo alla neve di cadere più forte, di fargliela vedere.
Fra poco uscirò quasi per dispetto, non ho alcun timore del ghiaccio, intanto butto fuori degli urletti, potrei star diventando pazzo o bipolare, mi tengo stretta l’euforia.
Si può essere felici per un messaggio che arriva anche se non cambia nulla, e per questa poca neve che travolge la città e ne ottiene il silenzio.
L’anno scorso il cortile rimase giallo sporco, i frigoriferi del supermercato continuarono a ronzare, quest’anno invece per fortuna chiuderà causa clima.
La gente domani mattina cercherà un supermercato aperto per potersi rifornire di scorte per la fine del mondo che inconsapevolmente auspica ed il mondo sarà diviso fra chi cercherà disperatamente un supermercato aperto e chi girerà per la città come me.
il chiosco sotto casa è diventato più invitante, mi viene voglia di comprare ogni tipo di verdura e di frutta commestibile, le arance lucidano brillanti.
Prima mi sono collegato con il mondo,  ho mandato messaggi, non addii, arrivederci a persone amate, in fondo non ci lasciamo mai completamente, le cose non finiscono mai del tutto.

Esco, le luci artificiali sembrano più umane, ad ogni passo mi sento meglio.
Prendo la metro strapiena assieme a tre amici, ci inerpichiamo su una strada ordinaria, ha un fascino che non hai mai avuto né mai più avrà, c’è un mini market aperto, i bengalesi salvano il mondo vendendo birra e vino scadente, gli altri negozianti hanno chiuso precipitosamente le saracinesche.

Sento di voler essere misericordioso, accettare i più stupidi.
Ora sono felice per ognuno, per chi fa tango nei centri sociali di periferia, per chi si crede attore di teatro e lo fa malissimo, per chi prova a far ridere e sbaglia tutte le battute, per chi sogna di andarsene in un altro paese e lo dichiara in modo ingenuo.
Potrei anche parlare con il più idiota e scovargli una qualità che lo renda degno di attenzione.
Per un po’ avrò totale fiducia nel mondo, come un bambino o un maestro.
Durerà un paio di giorni e poi finirà un lunedì qualsiasi quando le radio e le tv diranno che è tutto a posto, che siamo tornati alla normalità.