martedì 28 agosto 2012

Contro semaforo


Il tizio affianco a me sopra una Mercedes scoperta da 80000 euro ascolta una canzone di Sting, era su un disco che ebbe molto successo, c’erano anche un paio di duetti con Eric  Clapton, ballate lente con arrangiamenti facoltosi, tristezza fuori moda, anni ’90.
Ha i capelli lunghi alle spalle, è stempiato alla nuca, ha il pizzetto che portavano certi artisti di Roma qualche  tempo fa.
Potrebbe essere un ex attore, un figlio di imprenditore, è triste, guarda nel vuoto al semaforo.
È mio fratello anche se non lo sa.
A lato vengo sorpassato da una Alfa rossa aggressiva nel cambio di marcia, a lato una ragazza carina e con esperienze sporadiche di cocaina, è acconciata come molte universitarie carine italiane, non me lo farebbe venire duro magari abbia tutto per eccitarmi, mi fissa male e non si sente mia sorella.
A guidare la macchina un tizio sbarbato di fresco, dietro il collega di sinistra, pizzetto e barbetta.

A medio volume una canzone recente di Capossela che probabilmente il ragazzo apprezza e incita mentre quello al volante tollera a fatica, soltanto per compiacenza.
Quello davanti si scopa la tizia al suo fianco, la tizia forse si scopa tutti e due, continuano a osservarmi perché la carrozzeria della mia  auto è sporchissima, tinteggiata di escrementi di uccelli metropolitani, è un auto che non ha alcun fascino, ha montato su perfino il gpl.
Decido di non guardarli e alzo la canzone che sto sentendo alla radio, un vecchio pezzo romantico di Luca Carboni.
Carboni  è sottovalutato, mica lo considerano come Capossela.
Alzo il finestrino non per il caldo di questa notte di agosto ma perché voglio inscenare una disputa sonora fra le tre canzoni, voglio che le onde sonore si mescolino in un semaforo qualunque di viale Parioli.
Riguardo di nuovo il borghese con pizzetto, non sembra accorgersi delle musiche altrui e nemmeno del brano suonato dallo stereo della sua auto perfettamente armonizzato con il suo volto
Scatta il verde, il tizio parte con più dolcezza dell'Alfa, resto buono terzo, non potevo fare di meglio con la mia ripresa lenta
Si allontanano le parole di Sting, il ritornello dice it’s probably me, c’è malinconia come nel brano di Carboni, ma è posticcia e non è colpa solo della lingua che non padroneggio abbastanza.
Il tizio è lontano, non so cosa cerchi nella notte.


venerdì 24 agosto 2012

Contro le bancarelle sul Tevere



Il Lungotevere è occupato dalle bancarelle per l’estate.
E' la stagione in cui la gente veste peggio e mostra le sue debolezze senza ritegno.
Lei chiede al ragazzo se la prossima volta vanno a Porta di Roma, al centro commerciale.
E’ mora, alta, ha spalle e braccia robuste, lui è rasato, ha un tatuaggio sul braccio, le dice sì certo amò con inflessione romana .
Stanno assieme da poco, mi passano accanto.
Camminano uno accanto all'altro, sono annoiati senza nemmeno rendersene conto, pigri e indolenti come decine di coppie che si abbracciano con occhi vuoti.
Coppie borghesi, coppie povere, impiegati, professionisti, tutte ugualmente amanti per rassegnazione, paura, mi fanno pena, il loro futuro è disseminato di figli e uscite domenicali.
Le bancarelle etniche continuano a vendere collanine, ci sono posti per ogni gusto: narghilè. sushi, birre artigianali, i due restano un po' perplessi ma si tuffano avidamente sulle novità etniche con una curiosità da scimmie, brontolano commenti, conoscono poche parole ma il problema non è mai il linguaggio.
Dall'altra parte del Tevere due punk a bestia stanno distesi e abbracciati mentre un cane poco lontano li guarda.

Vivono appena cento metri più in là sfruttando il calore e qualche moneta della manifestazione, al ridosso della pista ciclabile su cui sfrecciano i ciclisti contenti della loro scelta con una sensazione di superiorità etica incompatibile con i loro tragitti quotidiani.
I due stavano piangendo perché un loro amico si era buttato di sotto poco prima, esattamente ventiquattro ore dopo che la sua compagna aveva perso l'equilibrio dopo un litigio.
Non aveva retto al senso di colpa.
Non potevamo saperlo, quando ripassiamo cinque minuti dopo ambulanze e carabinieri hanno acceso le sirene, ma sono fermi, passivi, significa che tutto è finito, in un modo o nell’altro tutto finisce sempre
Il giornale mi comunica il giorno dopo che il tizio è in fin di vita.
Frattura cervicale, forse sopravviverà ma sarà conciato male, il giornalista scrive il pezzo con l’asciuttezza che gli hanno insegnato l’esperienza o le scuole dei loro maestri idioti.

Spesso ho guardato con diffidenza i punk a bestia, li ho sentiti distanti mentre cercavano con poca convinzione di estorcermi qualche spicciolo.
Ai loro occhi ero uguale a tutti gli altri, questo mi dava fastidio, non ero altro che una macchina che emette occasionalmente qualche moneta.
È la stessa sensazione che provo con tutti gli esclusi, i lavavetri, i mendicanti, gli zingari, vorrei poter parlare loro da uomo a uomo e invece abbasso lo sguardo e passo oltre.
Dall'altra parte del Tevere tutto è continuato, la gente beve birrette, alcune turiste sono vestite come troie e come troie si guardano attorno, americane che cercano di rivivere esattamente le parole delle canzoni estive alla Kate Perry.
Non sanno nulla dell'amore, prima o poi si sposeranno con uno che la pensa come loro sulla vita.

Oggi ripenso ai due che il giornale definisce sbandati con il tono paternalistico che mi fa rabbrividire, il loro amore disperato e senza stabilità ha molto più a che fare con l'amore che posso sentire oggi o in qualsiasi altro momento.