giovedì 17 novembre 2011

Contro le tessere punti



Di solito le cassiere del supermercato hanno la faccia annoiata e ne hanno tutte le ragioni.
Di solito le cassiere del supermercato sono trattate come se non fossero esseri senzienti dai clienti reduci da scelte ponderate sugli acquisti.
Di solito le cassiere del supermercato non si ricordano i clienti, nemmeno i più assidui, quelli che vanno la mattina e ritornano poco prima della chiusura per comprare un paio di buste di latte.
Di solito riconoscono solo le signore più fastidiose, quelle che discutono sui punti della tessera o si lamentano perché certi prodotti scontati si esauriscono troppo in fretta.
Per questo sono sempre sorpreso che una delle cassiere del supermercato sotto casa si ricordi di me.
Una volta mi propose la tessera punti, e di fronte al mio rifiuto, finse stupore dicendo che avrei potuto risparmiare su alcuni prodotti in offerta ed ottenere dei regali ma non era convinta; sorrideva, in fondo il mio no le era piaciuto.
Da allora le rare volte in cui la trovo in cassa mi riconosce e scherza sulla questione tessera, mi ricorda tutte le pentole che ho perso, non ho alcun rimpianto e vedo nel suo sguardo un lampo di approvazione per la mia scelta.
Sono un pessimo cliente del supermercato sotto casa, quando posso lo evito, cerco di andarci il meno possibile.
Non mi piace la distribuzione dei prodotti; non mi piace guardare i volti della gente che scruta gli scaffali; non mi piace dover chiedere scusa alle signore che, confuse, si fermano di colpo; non mi piacciono quei piccoli scontri di acquirenti fra i corridoi, divento un inguaribile individualista.
I momenti di maggiore angoscia nella mia esistenza li ho sempre vissuti in un supermercato, mi sembra un posto perfetto per una crisi di pianto; il centro commerciale è anche peggio.
Quando ci vado, mi perdo sistematicamente fra i vari colori con cui sono contrassegnati i parcheggi, lamento dei vaghi mal di testa, disprezzo il pessimo abbigliamento dei suoi abitanti.
Vago fra i negozi cercando di farmi distrarre il meno possibile dalle vetrine e puntando dritto verso il mio obiettivo, mentre il sottofondo della stazione radiofonica interna manda canzoni italiane alternate ad annunci sulle ultime offerte, declamati da voci femminili rassicuranti e datate.
Eppure una volta stato felice in un grande centro commerciale.
Stavo facendo la spesa con M.
Dovevamo comprare delle cose che non aveva trovato nel supermercato sotto casa, ma forse le mancavano solo  i centri commerciali oltreoceano e per questa ragione mi aveva convinto a venire fin lì.
Salivamo sulle scale mobili e si attaccò al mio braccio ridendo, avevo detto una battuta al momento giusto e lei mi disse Perché ti dovevo trovare così lontano? Sto così bene con te.
Poi mi disse che fra di noi c’era come una reazione  nucleare a catena.
Da ogni parola ne scaturiva un'altra, ogni frase faceva nascere un nuovo argomento di conversazione e c’era sempre energia.
Forse la sua frase mi colpì tanto perché fin da bambino sono stato ossessionato dalla energia nucleare, d’altronde avevo dieci anni quando ci fu l’incidente di Chernobyl ed a scuola ci comunicarono che non dovevamo bere latte fresco e mangiare verdure a foglia larga.
Sono nato in piena Guerra Fredda e mi interessavo di cose di cui un bambino normalmente non si interessa: seguivo le questioni relative al disarmo bilaterale, i summit fra le due superpotenze, le trattative estenuanti per lo smantellamento delle testate missilistiche in Europa.
Comunque è stata una delle cose più vere che mi siano state dette, anche io comincio a innamorarmi di una persona soltanto se accade quella reazione.
L’ultima volta che andai al supermercato con M. fu a Buenos Aires, lei faceva la spesa solo il lunedì per una questione complessa legata alla sua tessera punti, si segnava tutto su una lista divisa per settori merceologici e sul nastro divideva i prodotti in base ad una sua misteriosa logica.
La cosa paradossale è che non sapeva affatto cucinare né aveva alcun desiderio di imparare.
Quella volta discutemmo, volevo comprare delle cose ed ero andato a cercarle per conto mio sovvertendo i suoi piani. Litigavamo per dettagli,  non sopportava che non ci fosse più quell’energia.
Il supermercato diventò lo scenario abituale che mi ispirava vie di fuga impossibili, di colpo mi parve irreale quel tardo pomeriggio di luglio sotto la brutta luce fredda di un interno climatizzato, quel ricordo di felicità in un luogo così poco adatto.
Sono i trucchi che fa l’amore, ogni posto diventa ugualmente perfetto, indifferente, fino a quando quella bolla si romperà e resterai nudo in mezzo ad un supermercato ostile.


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