mercoledì 22 febbraio 2012

Contro il Carnevale


Non mi è mai piaciuto il carnevale.
Da bambino avevo un costume da scozzese con uno strano bastone bianco, non sono mai stato un principe azzurro ma non ho rimpianti, qualche volta penso di essere stato un cowboy ma non ho ricordi, nelle foto di me in costume non devo avere un volto felice, devo essere imbronciato.
Ora lo faccio per posa, allora era broncio vero, autentico broncio da bambino.
Una volta a  dodici anni finii in una specie di piccola discoteca cittadina destinata ad un precoce fallimento.
Era una festa in maschera di adulti in cui era tollerata anche la presenza di pochi bambini, ebbi la mia prima traumatica esperienza con i cotillon e un mix brasiliano di samba del tipo più commerciale che da allora associo all’adulterio borghese.
Un’altra volta io ed un gruppo di compagni di classe ci vestimmo tutti da setta, avevamo diciott’anni, camminammo su una strada a scorrimento veloce come fantasmi, sopra scritti dei numeri a caso, facevamo dei versi mentre andavamo a ballare della musica anni ’90.
Non mi piacciono i coriandoli, non mi piace la samba, preferisco la bossanova, non ho nessuna attrazione verso i carri o Rio, ma nemmeno subisco il fascino di Venezia e dei costumi lussuosi.
Sfidare il destino non è stato forse così intelligente.
Organizzare una festa di carnevale, esordire come dj scegliendo di mixare della brutta musica senza vergogna.
Sono vicino alla porta d’ingresso e sto scolandomi un bicchiere dopo l’altro di vodka ed energy drink, bevo intrugli da ragazzino ma so che non mi faranno sembrare più giovane: alle feste mi sembra che il tempo sia troppo compresso, che mi stia sempre per perdere qualcosa, preferisco gli incontri casuali senza scadenza, l’organizzazione mi rovina il momento, riesco a godermi solo la vigilia.
Se so che te ne andrai fra un paio di ore sono già oltre, devo sapere che non c’è un orario sicuro, che potremmo anche continuare a parlare all’infinito.
Sto bevendo e parlo male con la gente vestita da personaggi del cinema, dico alcune frasi, poi vado via, mi preoccupo perché la gente non balla, mi preoccupo perché nessuno è interessato al montato che scorre sulla parete in fondo.
Cinquanta minuti di immagini tratti da film, le solite sequenze classiche inframmezzate da qualcosa che avevo inserito di più personale, la parte finale ha un senso che solo io conosco e che nessuno mai comprenderà.
Il cinema è sopravvalutato a volte, ma in alcuni casi serve a superare certe notti.
Era febbraio ed ero stato scaraventato dal caldo al freddo.
Ogni mattina la maledivo nella doccia ripetendo una frase cattiva come una litania, ogni mattina rimanevo sotto l’acqua calda molto più del necessario per far passare il tempo e aspettare una specie di illuminazione.
Avevo ripreso quasi immediatamente a cercare di conoscere gente nuova, andavo a cene, mi distraevo.
Le sere che non avevo nulla da fare, però, non riuscendo a leggere nuovi libri senza che l’impresa mi sembrasse titanica,  cercavo su internet film d’autore da vedere in streaming.
Passavo così le serate guardando film fino a tarda notte,  stordendomi di Truffaut e di cose che avevo sempre evitato di vedere o che avevo dimenticato.
Mi segnavo le frasi migliori, le sequenze che mi colpivano,  ogni tanto mi veniva da piangere, ma quasi sempre sorridevo o applaudivo silenziosamente
Quei film mi hanno salvato, mi costringevano a dormire di meno, a non essere completamente vulnerabile.
Quando qualcuno dice che i film servono per intrattenere, penso a Checco Zalone e al suo film che vidi in albergo a Buenos Aires, non so come diavolo mi venne l’idea di guardare una commedia italiana in streaming  mentre lei era sparita e non rispondeva al telefono.
Stavo cadendo nel luogo comune del cinema come mezzo di evasione, qualcuno mi aveva detto che Zalone era stupido ma faceva ridere, non era vero, lo vidi diligentemente fino alla fine anche se non mi divertiva e la connessione del wifi dell’albergo saltava in continuazione mentre l’ucraino alla reception mi assicurava che era tutto a posto.

Mi ricordo sempre dei film notturni quando c’è qualcosa che non va, so che a qualsiasi ora sono disponibili in quella miniera della rete che può essere salvezza o tormento, lì c’è tutto, c’è  quello di cui hai bisogno.
Cerco pellicole non viste di Bergman, film etichettati come intellettuali dai luoghi comuni, gli stessi che mi spinsero a vedere Zalone.
Parlano della vita e non fingono di parlarne.
Una volta per caso sono incocciato in un film degli anni ’90, Clerks, che era stato considerato una specie di gioiello all’epoca, vinse anche qualche premio, l’ho trovato noioso, i dialoghi erano banali e inutilmente brillanti, tipico di molte commedie indipendenti americane.
Dialoghi ben costruiti che non hanno nessuna vera corrispondenza con la vita, mi immagino lo sforzo degli sceneggiatori mentre li scrivono, le loro interminabili cogitazioni sul momento giusto per far pronunciare al protagonista un’espressione piuttosto che un’altra.
No, decisamente non sono film da vedere di notte per evitare pensieri stupidi.
Un pensiero stupido è affrontare una persona mentre sei vestito da quella specie di pompiere che mette al rogo i libri in Fahrenheit 451,  dopo che ti sei bevuto quattro cocktail di vodka e pseudo Red Bull nel giro di dieci minuti.
Un pensiero stupido è affrontare una ragazza che non sembra nemmeno lei, pallida di cerone, con una smorfia nera da pagliaccio: Edward con mani di forbice economiche.
Burton è un regista di culto per giovani come lei, perfetto per ispirazioni da carnevale ed in mezzo a qualche film decente  ha avuto la sfrontatezza di rovinare uno dei miei film preferiti, Il Pianeta delle Scimmie, e di deturpare quella favola infantile che era Willy Wonka trasformandola in un kolossal con effetti speciali inutili.
Sono in piedi, discuto con Edward, la scena sarebbe assurda a guardarla da fuori, ma sono troppo ubriaco per rendermi conto di questo aspetto.

Poco prima ero passato dalla consolle alla pista senza soluzione di continuità. Avevo messo un pezzo e l’avevo terminato ballando, ero anche scivolato ma ero stato abbastanza ragionevole da evitare l’ultimo cocktail che mi avrebbe completamente reso inservibile.
Così ora ero lì, davanti a lei, da qualche parte stanno divertendosi e gridando, non me ne rendo conto.
Lei mi ferisce senza avere bisogno delle forbici, definisce la mia energia negativa, mi chiama distruttivo, uno che non si rende conto, me l’hanno già detto in passato, sulla distruttività sono anche d’accordo ma questa cosa dell’energia non riesco ad accettarla.
Le dico che  è intelligente, molto, ma la cosa non le importa, quasi l’infastidisce, per l’ennesima volta mi ripete che dò troppa importanza all’intelligenza, lei non sa che farsene e non vuole essere considerata in questo modo, le fa paura la originalità della sua mente, forse vuole sembrare inoffensiva e solare, essere considerata buona e pari agli altri.
Così in fondo non farà mai fatica a trovare fratelli nel mondo.
Non accetto gli abbandoni, è un mio problema, vorrei che tutte le persone restassero sempre, deve essere una cosa che avevo già in fase pre-natale, nulla che possa risolversi con sedute di psicoanalisi.
Scoppio a piangere, Edward non sa che fare, non era scritto nella parte che le hanno dato. Per lei la vita sembra facile e semplice, non contempla questo genere di complicazioni, sa farsi scivolare addosso le cose, è un’altro tipo di anima.
Mi dice qualcosa sul fatto che non si merita tanto, poi mi tocca le lacrime con una mano, non è da lei, ha una freddezza del corpo che contrasta con il calore di ogni sua espressione.
Quindi mi bacia sulla guancia, chissà cosa prova mentre sente le lacrime sulle labbra, se ha uno scatto di compiacimento, non sono mai stato bravo a consolare qualcuno, non so cosa si provi, che tipo di perversione può essere.

Mi guarda con gli occhi asciutti e preoccupati, i troppi cocktail rendono la visione poco lucida, non posso essere certo di niente, è come un nastro che salta e io cerco disperatamente di tenerlo aggrappato a me.
Non so nemmeno se mi abbraccia lei o sono io a fare la prima mossa, sicuramente da ubriaco mi abbandono come non riesco mai nella mia vita da sobrio, lei non ha quasi bevuto e deve sentire la mia disperazione patetica.

Non è solo colpa mia, l’età è complice.
Quando hai 35 anni tutte le cose ti sembrano più maledettamente importanti,  ti aggrappi ad ognuno come se fosse una ciambella di salvataggio, ogni cosa ti sembra un’opportunità da non perdere e finisci per spaventare la gente e quelli che di anni ne hanno 25.
Si spaventano, non ti capiscono.

9 commenti:

  1. Bel post.
    Come quasi sempre accade, ogni commento pare inopportuno e indelicato, di fronte al disvelamento di emozioni, esperienze, riflessioni tanto personali - e però da tutti credo condivise, in un modo o nell'altro, in un tempo o nell'altro.
    Ma devo ripetere: molla lì quella cosa dei 35 anni - a ogni età perdi qualcosa e ne aggiungi altre. La sensibilità al tempo e alle occasioni perse, ovviamente, cresce. A 45, dico per dire, sei sempre come a una festa che sta per finire, la notte trascolora in alba grigia, qualcuno dei più cari è andato via, alcune fra le più belle ti hanno donato un ballo e si sono dileguate - sei lì che non sai se bere quell'ultimo cocktail che ti renderà completamente inservibile o abbracciare la prima che passa o traballare verso la quiete del letto di casa... o infine tentare, inverosimilmente, le tre cose insieme.

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  2. Consolare che tipo di perversione può essere?

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  3. Non è facile parlare pubblicamente di emozioni, e non è facile trovare le parole giuste . Lo hai saputo fare emozionando , per un attimo ho vissuto quelle emozioni insieme a te!....35 anni vuol dire saper riconoscere qualcosa di bello quando lo incontri , vuol dire provare a tenersi stretto ciò che ti fa stare bene..io non ritornerei mai ai miei 25 anni ed a come ero allora.
    Laura

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  4. "Riesco a godermi solo la vigilia"
    Quando una frase ti dà l'illusione che un altro essere umano possa anche essere un tuo simile.

    Ma come mai hai così tanti commentatori anonimi?
    Cos'è, si vergognano di esternare la propria stima al criticone? ;)

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  5. Coraggio che a volte solo con una maschera si trova, o con qualche drink in più. Raramente ho incontrato un essere dotato di cromosoma y eppure così sensibile, chi non se ne accorge o non lo capisce perde veramente qualcosa.
    I tuoi post mi fanno ridere, mi fanno male, raramente mi lasciano indifferenti..e oggi mi sento così fortunata ad averti conosciuto..ma domani mi pentirò :)

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  6. Sarebbe fantastico se le persone restassero sempre.
    Chissà perché si dà importanza al Carnevale. Mah!
    Sei solo un intelligente pseudo-misantropo... e domani magari mi pentirò anch'io di aver dato del misantropo a un essere umano troppo simile a donne come me.
    L'uomo è il cancro della terra. Diceva così Cioran. E mi sovviene adesso dopo averti letto.
    Questa mia "arroganza culturale" potrebbe sembrare una patologia alla Gregory House. Si chiama invece, molto più banalmente, esperienza.
    La vita ci dà troppi insegnamenti che non è detto noi vogliamo imparare per forza.
    E il tuo cromosoma y... conta poco. Lunga vita agli autosomi.
    Non concordo con l'anonimo che dice che a ogni età perdi qualcosa e ne aggiungi altre. Non si perde mai nulla. (Purtroppo?)
    E mi scuso con ZiskaMor se so di molti uomini sensibili.
    (Attenzione! Sono i drink in più che mi fottono).

    "Quando hai 50 anni tutte le cose ti sembrano più maledettamente importanti... e finisci per spaventare la gente e quelli che di anni ne hanno 40. Si spaventano, non ti capiscono". :)
    Lo so che capirai anche tu. Quindici anni volano come niente.
    Nè coriandoli né bossanova però. Solo la vodka senza vergogna può regalare le attenuanti per aver organizzato una festa di carnevale.
    Secondo me l'amore e la disperazione non sono mai patetici.
    E il cinema - se si è in grado di scegliere - serve sempre a superare quelle certe notti.
    P.S.
    Concordo riguardo a Burton.
    Ma eri proprio travestito da Guy Montag??? o_O
    Complimentoni. In effetti bastava molto poco.

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    1. cioran è un autore scoperto da poco ma che amo molto. burton in effetti è un autore da decostruire

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