lunedì 6 febbraio 2012

contro il sole (che scioglie la neve)


I giornali titolano Roma in ginocchio.
Le polemiche stanno per cominciare ma non mi toccheranno, sono contento.
Vedo in Internet un film di Bergman, per molti versi è disperato ma è così bello che non comunica angoscia, solo una forma di gratitudine.
Applaudo su alcune scene; il mio applauso, muto al cinema, a casa può diventare finalmente rumoroso.
Fuori c’è silenzio, crescerà man mano che le ore passeranno e le auto non potranno circolare.
Le istituzioni dicono di rimanere a casa almeno di non avere urgenti necessità, ci vogliono al calduccio, mentre sdraiati sul divano guardiamo le loro televisioni, la loro emergenza incessante, ansiogena.
Parla il ministro e guardo i fiocchi cadere, fa una dichiarazione il sindaco ed invito la neve a cadere più forte, a fargliela vedere.
Fra poco uscirò quasi per dispetto, non ho alcun timore del ghiaccio, intanto butto fuori degli urletti, potrei star diventando pazzo o bipolare, mi tengo stretta l’euforia.
Si può essere felici per un messaggio che arriva anche se non cambia nulla, e per questa poca neve che travolge la città e ne ottiene il silenzio.
L’anno scorso a dicembre ci fu una spolverata di neve, durò soltanto mezzora, non incise sul traffico né sul mio umore, scattai delle foto poco convinto dalla finestra di casa mia, lei nemmeno mai le vide.
Era dall’altra parte dell’oceano e teoricamente aspettava ansiosamente il mio ritorno, avevo brutti presentimenti, ho paura delle mie sensazioni, non riesco a sfuggirle.
L’anno scorso il cortile rimase giallo sporco, i frigoriferi del supermercato continuarono a ronzare, quest’anno invece per fortuna chiuderà causa clima.
La gente domani mattina cercherà un supermercato aperto per potersi rifornire di scorte per la fine del mondo che inconsapevolmente auspica ed il mondo sarà diviso fra chi cercherà disperatamente un supermercato aperto e chi girerà per la città come me, senza far nulla di speciale.
Cammino di notte, le luci artificiali sembrano più umane, ad ogni passo mi sento meglio.
Prendo la metro strapiena assieme a tre amici, ci inerpichiamo su una strada ordinaria, ha un fascino che non hai mai avuto né mai più avrà, c’è un mini market aperto, i bengalesi salvano il mondo vendendo birra e vino scadente, mentre gli altri negozianti chiudono precipitosamente le saracinesche.

Anche sotto casa il chiosco è diventato più invitante, mi viene voglia di comprare ogni tipo di verdura e di frutta commestibile, le arance lucidano brillanti.
Prima mi sono collegato con il mondo,  ho mandato messaggi, di solito si fa in caso di addii, invece l’ho fatto per dire arrivederci a persone amate, per dire che in fondo non ci lasciamo mai completamente, che le cose non finiscono mai del tutto.
Solo M. non riceverà mai miei segnali ne li manderà, resterà un mistero imperscrutabile come questa neve che viene da un posto lontano ed è per questo tanto bella.
Sento di voler essere misericordioso, accettare i più stupidi.
Ora sono felice per ognuno, per chi fa tango nei centri sociali di periferia, per chi si dichiara attore di teatro e lo fa malissimo, per chi prova a far ridere e sbaglia tutte le battute, per chi sogna di andarsene in un altro paese e lo dichiara in modo ingenuo.
Potrei anche andare a cena con i più antipatici e trovarci qualcosa di buono, parlare con il più idiota e scovargli una qualità che lo renda degno di attenzione.
Ora mi sento maledettamente umano, in pochi secondi enuncio i miei propositi per il futuro prossimissimo.
Parlare della neve mettendoci dentro tutto: la vita, il mio passato, il mondo e il rovescio delle cose.
So che dovrei scrivere subito perché l’ispirazione non può essere trattenuta da pochi appunti presi velocemente, soprattutto quando scrivi sotto l’effetto di una illusoria felicità che è più simile a un’allergia.
Ho appena lasciato San Pietro e mi viene di usare parole poco usate e perfino brutte, termini come traslare, nemmeno so perfettamente come definirle, non so esprimere quello che provo.
So che i miei propositi e la mia generosità banalmente si scioglieranno appena il sole deciderà di uscire.
Già la neve sta sciogliendosi, le statue sopra i palazzi del centro diventeranno i soliti oggetti di pietra, per me muti e non per loro colpa.
Per fortuna fuori dal centro storico la neve dura di più e il sole invernale non è ancora abbastanza forte da cancellare i segni del suo passaggio.
Per un po’ avrò totale fiducia nel mondo, come un bambino o un maestro.
Durerà un paio di giorni e poi finirà un qualsiasi lunedì in cui le radio e la tv diranno che è tutto a posto, che siamo tornati alla normalità.

3 commenti:

  1. Due appunti pignoleggianti.
    1. Capita di rado che radio e tv dicano che tutto è a posto, e se lo fanno subito dopo c'è un "ma": la normalità non fa notizia, almeno nelle hard news.
    2. C'è un "almeno" al posto di "a meno", nella frase "Le istituzioni dicono di rimanere a casa almeno di non avere urgenti necessità" - a meno che... non sia una (incomprensibile) licenza poetica.

    RispondiElimina
  2. La neve ti ha reso una persona migliore...nei tuoi scritti non avevo mai notato un afflato umanitario di cotanta portata, è neve sia! ;)

    RispondiElimina
  3. e senza accento scusate (per i più scassapalle)

    RispondiElimina