giovedì 18 agosto 2011

Contro La Madonna


Hanno messo uno strano segnale turistico-religioso all’inizio della statale che porta nel Cilento.
C’è scritto Benvenuti in Cilento, terra di Maria.
È un segnale fatto di ceramica colorata,  quella che vendono ai turisti tedeschi spacciandola per armamentario mediterraneo.
Sopra c’è un’immagine della Vergine Maria ritratta al centro di colline e mare, non riesco a capire quanto sia usata come mezzo di promozione e quanto sia invece una goffa delimitazione del territorio.
La Madonna mi è sempre stata cordialmente  antipatica, anche da bambino.
Ho fatto le elementari dalle suore, non erano così male, o almeno la mia era piuttosto brava.
Non esagerava mai con le punizioni, aveva ben chiaro chi fossero  i buoni e i cattivi nella Seconda Guerra mondiale, non si dilungava eccessivamente in recite di preghiere e richieste di fioretti.
Era comunque una scuola religiosa, ad esempio era previsto l’insegnamento a memoria di canti dedicati a un’oscura santa francese, patrona del loro ordine, si chiamava santa Giovanna Ardita o qualcosa del genere.
E ovviamente in tutto l’istituto c’erano crocifissi e brutti quadri raffiguranti un Cristo asettico, ben lontano dall’hippie fricchettone e donnaiolo che intuivo dalla lettura del Vangelo.
Un Cristo Re, vestito in abiti lussuosi e con i capelli ben pettinati e quasi vaporosi, quel Cristo che ogni tanto si vede in certi adesivi affissi sopra i camion.
C’era anche una vetrata disegnata, sopra una raffigurazione del paradiso terrestre con Adamo ed Eva tentata dalla mela; il serpente si attorcigliava attorno al suo corpo puntando dritto al seno, piccolo, ma straordinariamente ben fatto.
Era la prima rappresentazione del sesso di cui ebbi esperienza, molto prima di Edwige Fenech e le suore ne erano state complici loro malgrado.
Nella mia personale classifica dei personaggi religiosi Gesù era nettamente al vertice, poi venivano gli apostoli, soprattutto San Pietro e San Paolo oppure personaggi sottostimati come San Giovanni Battista.
Già allora non capivo perché venisse data tanta importanza alla Madonna, sia nelle preghiere che nelle raffigurazioni.
E poi tutta quella sofferenza inferta al povero Giuseppe, costretto a rimanere sempre in ombra e senza poter nemmeno fare l’amore.
Fatto ancor più grave se consideriamo che la Madonna  è una mora niente male, curata e giovane, sicuramente desiderabile per un giovane falegname di buona struttura fisica e di prorompente energia.
La Madonna mi insospettiva, con tutti quei riferimenti alla verginità che non capivo e quella sua faccia atteggiata sempre a una rassegnata sofferenza, aveva il volto di una frigida.
Alla Madonna si dedicano più feste che a Cristo, Gesù ha il privilegio delle feste maggiori (Natale e Pasqua), ma ogni paese ha una madonna da venerare. Ci sono madonne di fiumi e di laghi, di montagna e di mare, sono portate in processioni un po’ ovunque, e sono sempre loro ad apparire a pastorelli e bambini.
Sono loro che consegnano profezie e segreti, che piangono sotto forma di statuette di marmo a  basso costo, che si materializzano come ombre nelle roccaforti più superstiziose del mondo.
I pellegrini conservatori e timorosi pregano la Madonna, la sentono più vicina alle loro abitudini.
Ci sono anche madonne laiche e trasgressive, quelle che venerano puttane e travestiti, madonne in stile Almodovar, ma sono  nient’altro che Marie Maddalena con il nome cambiato: una eccezione.

Così le madonne sono quasi sempre le autentiche star dei luoghi di culto cattolici, quei posti dove si organizzano orge di pellegrinaggi a ciclo continuo: Lourdes, Medjugorje, Fatima.

La Madonna può assumere mille sembianze, cambiare luogo di nascita, patrocinando così i più disparati eventi: dalla festa di quartiere alla sagra gastronomica, dal concerto in piazza al miracolo rionale.
Gesù Cristo è un nome troppo impegnativo  da spendere.

La prima e unica volta che sono andato a Lourdes avevo sei anni, ero con i miei, facemmo con degli amici di famiglia un viaggio in Francia e Spagna; partimmo con una Fiat 124, all’epoca non c’erano ancora gli aerei low cost e nessuno si preoccupava della fragilità di motori e cambi.
In quel viaggio restammo in panne varie volte ma non per questo era un’emergenza, nessuno parlava una parola di un’altra lingua, si comunicava con difficoltà.
Ci furono alberghi belli e stamberghe, ristoranti buoni e ristoranti pessimi,  si incontravano furbi e generosi come accade quando viaggi davvero,  ho ricordi frammentati, quelli che può avere un bambino di sei anni.
Lourdes però mi restò impressa, non avevo mai visto tanti paralitici, erano ordinati in file, scendevano dai treni e dagli autobus e non si parlava ancora di barriere architettoniche.
Faceva freddo perfino d’estate, la cittadina si trova sui Pirenei ma allora mica lo sapevo, so solo che ci arrivammo per una strada stretta di montagna.
C’erano dei burroni sotto ed ebbi la mia prima sensazione di vertigine, ancora oggi qualsiasi strada di montagna percorsa mi sembra niente rispetto a quella, nessuna strada mi potrà più restituire la stessa sensazione.

Eravamo a Lourdes fuori contesto, non avevamo nulla da chiedere, c’eravamo perché la coppia di amici dei miei aveva deciso che la Prima Comunione delle loro due figlie dovesse celebrarsi lì.
Così le due bambine si misero un vestito da quasi sposa bianco, portato sicuramente dal paese di provenienza, e compirono questo strano atto di ingresso nella Chiesa nel posto meno indicato per farlo.
A Lourdes non ci sono più tornato ma ho visto un film bellissimo di una regista austriaca che raccontava di un gruppo di pellegrini, dei volontari e delle crocerossine, e dell’inconsistenza del miracoloso.
Di Medjugorje ne ho sempre sentito parlare in modo indiretto.
So che è diventata di moda negli ultimi anni, mi sono capitati in mano depliant che promuovevano il viaggio sacro oppure casualmente ne ho sentito il nome soffermandomi ad ascoltare, sconcertato, Radio Maria.
Ancora la Madonna, sempre lei a prestare il nome a una radio ultra-conservatrice.
Le sue antenne trasmittenti hanno una potenza di fuoco incredibile, le vedo quando vado al lago di Martignano in mezzo alla rilassante campagna romana: enormi, sembrano realizzate per entrare in comunicazione con entità aliene, riescono a far ascoltare la parola travisata di Dio anche dentro le gallerie.
Radio Maria parla spesso di Medjugorje ma io sapevo solo che era da qualche parte nell’Est, non conoscevo precisamente in che zona dei Balcani si trovasse.
Non lo sapevo fin quando non ho visto qualche giorno fa un segnale stradale che la indicava: era un segnale turistico e aveva anche l’effigie della Madonna; ero appena uscito con l’auto da Mostar, Bosnia.
La Bosnia Erzegovina è uno stranissimo stato, unito ma diviso in entità diverse: in fondo è già un miracolo, questo vero, che esista ancora dopo gli eccidi degli anni ’90.
C’è una repubblica della Bosnia serba e poi una Repubblica della Bosnia autentica, quella multiculturale a prevalenza musulmana dove c’è Sarajevo, ma con una forte minoranza croata che non ha mai accettato veramente di esserlo.
Il presidente cambia ogni otto mesi, è a turnazione fra le diverse etnie, e c’è un alto rappresentante dell’ONU che supervisiona e spesso decide al posto dei litiganti.
Ti accorgi di dove ti trovi dalle bandiere, ad esempio vicino Medjugorje ci sono solo bandiere croate e nessuna della Bosnia.
Mostar dista trenta chilometri appena da Medjugorje.
Mostar fu distrutta prima dall’assedio serbo e poi dai paramilitari croati.
Il centro storico è stato ricostruito, è patrimonio dell’inflazionatissima Unesco, ma basta svoltare un angolo e ci sono palazzi distrutti.
Mi piacciono i palazzi distrutti ma solo quelli che muoiono per morte naturale, non di morta violenta come quelli, distoglievo lo sguardo appena potevo.
Invece guardavo i ruderi con le finestre vuote in periferia quando passavo in auto, visti in movimento facevano meno impressione, erano armonizzati con il panorama  in un qualche modo macabro.
È una terra bellissima, piena di fiumi che scorrono in mezzo a gole, sembra assurdo che fino a quindici anni fa si trucidassero senza pietà e che nei boschi ci siano ancora mine inesplose.
La vicinanza di Medjugorje al confine fra Croazia e Bosnia mi fece sospettare che, come ogni buon miracolo cattolico, anche questo fosse stato creato per uno scopo ben preciso.

La strada verso Spalato per fortuna non passava da Medjugorje, non ero nella disposizione d’animo giusta per vederla, ma all’imbarco del traghetto c’erano vari pullman di pellegrini, la nave perfino rendeva omaggio alla Madonna, si chiamava Regina della Pace, come è denominata per uno strano scherzo del destino quella di Medjugore.
Tornato a casa  ho fatto un po’ di ricerche sull’argomento e ho scoperto che i veggenti di Medjugorje erano sei, che le prime manifestazioni straordinarie avvennero nel 1981, un anno dopo la morte di Tito e quando stavano risorgendo i nazionalismi a fondo religioso.
Inoltre il santuario francescano che ha certificato il miracolo, durante la Seconda Guerra mondiale, sostenne gli ustascia nazisti e i loro massacri dei serbi, e in tempi recenti h i paramilitari che cingevano d’assedio Mostar passavano dal santuario per farsi benedire.
Ovviamente non sanno nulla i pellegrini italiani, vanno lì con le loro croci e le loro madonne sulle collanine, sono prevalentemente del Sud Italia: terra di processioni, terra di Maria.
Dopo un paio di ore di navigazione erano meno seriosi, mi sembravamo soddisfatti della gita ma anche di  tornare, scherzavano, accennavano dei passi di balli di gruppo, le avranno imparati in parrocchia.


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