lunedì 26 settembre 2011

Contro la grande scrittura


Da bambino ero timido e asociale.
Non volevo andare all’asilo, mi davo malato quasi sempre, restavo con mia madre in cucina ad ascoltare i giornali radio che sembravano venire direttamente degli anni ’60 forse perché gli effetti sonori Rai non erano cambiati o perché uscivano da un radione enorme e obsoleto.
Mia madre preparava quasi sempre dolci: biscotti, il tiramisù, ancora non di moda come oggi.
A volte muovevo le mani davanti a qualche finestra, non avevo un amico immaginario, era un modo per spiegarmi meglio le cose, ogni tanto lo faccio ancora di nascosto ma è un segreto da non rivelare.
Dopo la mia timidezza si è trasformata in  qualcosa da controllare, sono diventato sempre più capace socialmente ma è stata una conquista progressiva.
All’università ero ancora uno studente spaurito, mi innamorai di una mia amica e non ebbi mai il coraggio di dirglielo, ero convinto che si capisse; mi ero illuso di essere trasparente ma ero così gelidamente inespresso che ovviamente non se ne accorse.
Anni dopo la mia amica mi disse che mi sottraevo agli abbracci, ora provo a recuperare ma sono goffo, non ho mai imparato l’estetica dell’abbraccio, penso che sia troppo tardi per apprenderla.
Sono diventato estroverso frequentando ragazze più giovani e introverse.
D’un tratto ero divenuto talmente ciarliero che la gente pensava mentissi quando mi affibbiavo da solo l’aggettivo timido.
Iniziai a definirmi ex timido, dicevo che ne avevo ancora segni e cicatrici, come tutti i timidi sono diventato monologante, mia forma di autodifesa.
Monologante, solare, estroverso, faccio battute, mi piace far ridere le persone, soprattutto le ragazze, ma subito dopo cerco di capire quanto c’e di egoistico nella mia azione.
Parlo di argomenti vari, dico stupidaggini eppure riesco a farle sembrare appetibili e originali, posso fingere di conoscere le cose, ho imparato come stare al mondo, la cosa a volte mi deprime.
Claudio mi dice che bisognerebbe parlare dell’uomo, che gli scrittori contemporanei non hanno coraggio e si rifugiano nel minimalismo. Sono diaristici, intimisti, anche io lo sono a volte.
Non apprezzerebbe questo brano,

Non è più tempo di scrittori come Dostojevski, chi prova a raccontare l’uomo fallisce, non può altro che fallire.
Non si può scrivere fra un messaggio di Facebook e una richiesta di commento veloce sulle questioni in corso.
I grandi scrittori del passato se ne fregavano della piccola attualità.
Non andavano al cinema, potevano  farne tranquillamente a meno, al limite andavano a vedere qualche spettacolo di rivista per passare del tempo senza pensare a nulla.
Chi si dà un tono oggi è quasi sempre un trombone da cui conviene diffidare, gli scrittori appena raggiungono un certo grado di notorietà di nicchia iniziano a scambiarsi messaggi cifrati su assurde riviste ambiziose che nessuno legge.
Credo nelle persone che iniziano da dove possono cominciare.
E si può cominciare soltanto da piccole cose.

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