venerdì 30 settembre 2011

Contro il censimento



Sul parabrezza della mia auto qualcuno ha lasciato una frase del Vangelo.
Non è un opuscolo dei Testimoni di Geova o della Chiesa Evangelica, non è un foglietto stampato ad alta tiratura per fini di conversione, è un pezzo di carta strappato a mano, qualcosa di unico e disperato.
Sopra queste parole in grassetto: Tu non mi hai invocato, dice il Signore.
Quindi Isaia e un numero di quelli che hanno i passi, tipo 14, 3 o 11, 8.
Non so proprio chi lo ha potuto mettere, guardo sui parabrezza e sui lunotti posteriori delle auto parcheggiate vicino, ci sono i soliti annunci di appartamenti e i depliant promozionali di palestre e nuovi negozi.
Mi sento un prescelto.
Da molto tempo non invoco più la parola di Dio.
Quando ero bambino parlavo con Dio prima di dormire, chiedevo consiglio su questioni pratiche ed esistenziali, è una cosa che ho continuato a fare con sempre minore convinzione anche successivamente, quando ormai avevo lasciato il cattolicesimo e il mio dio aveva contorni sfumatissimi e umani.
Dopo l’ho sostituito con una specie di complicato parlamento.
Sono diviso in tre grandi me stessi che hanno opinioni diverse sul mondo, ma spesso si creano ulteriori frammentazioni.
Difficile individuare di volta in volta alleanze e conflitti, quando fanno troppa confusione di solito decido di instaurare una dittatura transitoria.
La democrazia non è un vantaggio per la mente.
Da sempre anelo l’anarchia e l’eliminazione dei miei partiti politici, vorrei procedere in automatico, senza eccessive riflessioni e senza dover vagliare le conseguenze nell’immediato futuro.
Vivere senza passato.
Nella cassetta della posta oggi è arrivato il modulo del censimento.
Il censimento vuole sapere cosa stai facendo e cosa hai fatto nel recente passato, anche se si tratta di compilare dati apparentemente freddi è contro l’anarchia.
Mi fa venire in mente quello di Betlemme all’epoca della nascita del Bambino Gesù, frammenti sparsi della mia educazione cattolica vengono fuori quando meno me l’aspetto.
Il censimento ora è informatizzato e statistico, ma è una delle pratiche burocratiche più antiche mai esistite.
Insopprimibile il bisogno di contarci: quanti siamo, chi siamo, che progetti concreti abbiamo.
Il censimento mi mette in difficoltà, anche se ci vogliono cinque minuti per compilarlo, per fortuna da noi non viene un addetto a domandarti le cose di persona, come accade ancora a Buenos Aires.
Quando ero lì c’era il censimento, sembrava una questione  di orgoglio nazionale: grandi poster nelle strade, spot in televisione, lo promuovevano come un ulteriore mezzo per migliorare l’economia.
L’economia lì ha maggiore importanza che da noi, è una cosa complicata da spiegare, sono ossessionati dalla crescita e dal Pil, sono perfetti capitalisti antistatunitensi.
L’imperativo è spendere tutto quel che si ha, sempre e comunque.
Rate per acquistare qualsiasi cosa, perfino i calzini, grandi campagne pubblicitarie per incentivare l‘acquisto di regali in occasione di feste consumiste come quella della mamma, dei nonni.
Il nostro modo di comprare è decisamente più salutare ma non ne siamo coscienti, ci battiamo il petto rimpiangendo esistenze più semplici.
Il giorno del censimento a Buenos Aires era uno solo, la gente doveva rimanere a casa ad aspettare la visita degli addetti, docenti e impiegati statali opportunamente formati per il compito.
M. era contro il censimento, mi aveva spiegato in modo un po’ fumoso che era una forma di controllo del governo peronista, non avevo approfondito molto, lei era contro i peronisti ma non voleva discutere di politica.
Una volta si era messa a ridere dicendo che non si sarebbe mai immaginata di stare con un ex comunista.
Il giorno del censimento, ironia del destino, morì Kirchner, l’ex presidente e il marito dell’attuale presidentessa argentina, in realtà l’autentico leader del paese.
M. aveva deciso in ogni caso di uscire e di non preoccuparsi dell’avviso che le avrebbero puntualmente messo sotto lo stipite della porta.
Aveva contattato un tizio che vendeva su Mercado Libre, il loro Ebay, centinaia di quadratini bianchi e gialli per contenere le diapositive, aveva avuto un idea per lanciare il mio documentario.
Andammo in una stazione periferica a incontrare il venditore, ho ancora un sacco di quelle diapositive con sopra il profilo stilizzato del mio protagonista principale.
Non sapeva bene come funziona il mondo dell’audiovisivo, non era una sua colpa, è un errore comune, pensava che fosse facile recuperare i soldi per farlo.
Citava esempi a sproposito, riteneva che immaginassi troppe cose senza avere la forza di realizzarle, il suo modo di enfatizzare le mie debolezze era poco misericordioso.
Ora ho preso il foglietto dal parabrezza e mi sono letto il retro, giù perché c’è anche un retro, è una specie di spiegazione del passo scritta con parole semplici miste ad ammonimenti.
Cosa devi  fare per invocare Dio e cosa non devi fare per ignorarlo e vivere lontano dalla grazia.
Non invocherò Dio prima di andare a dormire, ma ho fatto un fioretto, per qualche giorno resterò in ascolto, non parlerò di me stesso.
Il peccato non esiste se ti sei liberato dalla vanità.

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