lunedì 3 ottobre 2011

Contro Baricco e la grande scrittura (Remix)


Da bambino ero timido e asociale.
Non volevo andare all’asilo, mi davo malato quasi sempre, restavo con mia madre in cucina ad ascoltare i giornali radio che sembravano venire direttamente degli anni ’60 forse perché gli effetti sonori Rai non erano cambiati o perché uscivano da un radione enorme e obsoleto.
Mia madre preparava quasi sempre dolci: biscotti, il tiramisù, ancora non di moda come oggi.
A volte muovevo le mani davanti a qualche finestra, non avevo un amico immaginario, era un modo per spiegarmi meglio le cose, ogni tanto lo faccio ancora di nascosto ma è un segreto da non rivelare.
Cresciuto, la mia timidezza si è trasformata in qualcosa da controllare, sono diventato sempre più capace socialmente ma è stata una conquista progressiva.
All’università ero ancora uno studente spaurito, mi innamorai di una mia amica e non ebbi mai il coraggio di dirglielo, ero convinto che si capisse, mi ero illuso di essere trasparente ma ero così gelidamente inespresso che ovviamente non se ne accorse.
Anni dopo la mia amica mi disse che mi sottraevo agli abbracci, ora provo a recuperare ma sono goffo, non ho mai imparato l’estetica dell’abbraccio, penso che sia troppo tardi per apprenderla.
Sono diventato estroverso frequentando ragazze più giovani e introverse.
D’un tratto ero divenuto talmente ciarliero che la gente pensava mentissi quando mi affibbiavo da solo l’aggettivo timido.

Iniziai a definirmi ex timido, dicevo che della timidezza avevo ancora segni e cicatrici, come tutti i timidi sono diventato monologante, mia forma di autodifesa.
Monologante, solare, estroverso, faccio battute, mi piace far ridere le persone, soprattutto le ragazze, e dopo un attimo cerco di capire quanto c’e di egoistico nella mia azione.
Parlo di argomenti vari, dico stupidaggini eppure riesco a farle sembrare appetibili e originali, posso fingere di conoscere le cose, ho imparato come stare al mondo, la cosa a volte mi deprime.

Claudio mi dice che bisognerebbe parlare dell’uomo, che gli scrittori contemporanei non hanno coraggio e si rifugiano nel minimalismo. Sono diaristici, intimisti, anche io lo sono a volte.
Non apprezzerebbe questo brano.

Non è più tempo di scrittori come Dostojevski, chi prova a raccontare l’uomo fallisce, non può altro che fallire.
Non si può scrivere fra un messaggio di Facebook e una richiesta di commento veloce sulle questioni in corso.
I grandi scrittori del passato se ne fregavano della piccola attualità.
Non andavano al cinema, potevano farne tranquillamente meno, al limite andavano a vedere qualche spettacolo di rivista per passare del tempo senza pensare a nulla.
Chi si dà un tono oggi è quasi sempre un trombone da cui conviene diffidare, gli scrittori quando raggiungono un certo grado di notorietà di nicchia, iniziano a scambiarsi messaggi cifrati su assurde riviste ambiziose che nessuno legge.
Credo nelle persone che iniziano da dove possono cominciare.
E si può cominciare soltanto da piccole cose.

Ad esempio non bisogna mai innamorarsi delle parole, è questo il motivo per cui storpio le parole e faccio continuamente refusi quando scrivo.
Se uno si innamora di una parola inizia a diventare uno scrittore falso, uno tipo Baricco.
Baricco mi piaceva quando aveva 18 anni, era bravo a venderti i suoi scrittori preferiti che sarebbero diventati anche i miei, gli devo molto, mi ha fatto conoscere Celine, Hamsun, Carver.
Ero giovane e  lui aveva buoni gusti, peccato che non aveva nulla da dire, nessun fuoco dentro.
Scriveva intere pagine con una sola parola e un punto alla fine e fregava tutti, Oceano Mare e poi quella tremenda boiata del Pianista sull’Oceano.
Letteratura, solo letteratura, nemmeno un granello di vita.
Il suo primo libro lo rilessi anni dopo, era tutto trucchetti e tecniche, raccontava storie che non gli appartenevano nemmeno un po’.

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