mercoledì 30 marzo 2011

Contro i trolley


L’avevo portata al Maxxi di Roma, ci conoscevamo ancora da poco perché potesse cercare di impormi  i suoi gusti.
Così potei esprimermi liberamente sulle opere anche se non avevo un diploma in arte e non avevo frequentato per un anno un master in arte latinoamericana.
Mi piaceva un opera fatta con dei tessuti e carte geografiche, semplicemente perché mi piacciono le carte geografiche e i mappamondi, certo era solo un opera di design ma in fondo tutta l’arte contemporanea è figlia illeggittima del design.
E mi piaceva anche un'altra opera in cui c’erano valige di ogni tipo accatestate una sopra l’altra.
Mi piacevano le valige ammucchiate a formare una  montagna, valige di pelle dalle diverse tonalità di marrone, bauli e cappelliere scomode che contemplavano ancora il bisogno di fattorini sulle banchine dei binari e che evocavano transatalntici.
Valige con sopra stampati destinazioni ed itinerari.
Quando non si viaggiava ancora low cost e con i compattissimi trolley di ora.
I trolley sono comodissimi e brutti, lucidi in poliuretano espanso, ne trovi di ogni colore come se la gamma dlle tinte possibili desse al viaggio un supplemento di vivacità.
Con due o quattro ruote, con maniglie espandibli, ogni volta che li vedo li associo a capelli ingelatinati e giacconi alla moda, a calcitatori in trasferta o a divise da lavoratore in viaggio.

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