martedì 22 febbraio 2011

Contro gli autobus e “scende alla prossima?”


L’autobus già di per sé è un posto piuttosto insopportabile.
Ci sono i vecchi che provano in ogni modo ad arrampicarsi sui due scalini fatti apposta dal Comune per sterminarli, guardati con sufficienza dai cinquantenni che si attaccano al cellulare a parlare di seconde case e noie al lavoro per sentirsi produttivi e viventi; ci sono gli studenti usciti dal liceo bene e quelli di periferia, che discutono sghignazzando di donne e calcio; ci sono i folli e i dementi, in viaggio da un capolinea all’altro persi in una litania ossessiva di parole e guardati con perplessità dagli altri passeggeri che si aspettano sempre il loro scoppio improvviso per poi prendersela con il governo e lo stato.
Ci sono i filippini e i peruviani, i rumeni e i cinesi, a cui la pubblicità cerca di vendere tessere telefoniche e modi nuovi e più economici per trasferire denaro in patria.
In autobus tutti stanno stretti e scomodi e tutti cercano di mantenere un contegno, di fingere, dai pochi sorrisi degli autobus romani si percepisce il grado di infelicità del paese.

Poi ci son quelli che cercano a tutti modi di rispettare le regole, tipo si scende solo dalla porta centrale e si sale dalle altre due, anche se l’autobus è strapieno la regola ottusa per loro prevale sempre.
Per non parlare di quelli che chiedono ad alta voce di andare sempre un poco più avanti rifiutando di arrendersi alla legge dell’impenetrabilità dei corpi, mi ricordano quell’ossessione per il progresso di certi economisti e sindacalisti ossessionati dai punti percentuali del Pil.
Questa razza di scocciatori da autobus prima o poi ti domanda ansiosa, preoccupata “scusi, lei scende alla prossima?” e tu con il sorriso più solare che hai a tua disposizione provi a rassicurarli dicendo “no signora, ma non si preoccupi, la faccio passare, mi sposto…”
Eppure loro, soprattutto se signore borghesi sulla sessantina, non sembrano mica così convinte, percepisci che hanno paura di restare su quell’autobus pieno e surriscaldato a vita, senti che non vedono l’ora di andare a casa o al negozio e dimenticare l’autobus ed allora continui dicendo “non si preoccupi, scendo anche io e poi risalgo..
Così finalmente si quietano un pochino, anche se in fondo ai loro occhi c’è sempre come un’inquietudine, una malcelata sfiducia che è poi nient’altro che la sfiducia verso l’altro.

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