sabato 25 giugno 2011

contro lotta comunista


Non sono mai riuscito ad entrare in un gruppo, eppure non so quante volte ci ho provato con convinzione apparente.
Non sono mai stato in una squadra, non sono mai stato scout, non sono mai stato socio attivo di un’associazione o di un partito; mi avvicinavo timidamente poi, appena capivo di cosa si trattava, fuggivo.
Mi sono mille volte rammaricato di questa mia debolezza ma ora mi sono rassegnato, forse è persino una qualità.
Ad esempio in piena Tangentopoli avevo 17 anni e mi consideravo di sinistra,  e per un momento pensai di trasformare il mio generico interesse per la politica in qualcosa di più impegnativo.
Dovevo scegliere fra la sinistra giovanile del Pds e quelli di Rifondazione, ma non entrai in nessuno dei due gruppi e non per indecisione ideologica.
Andavo al liceo scientifico e nella mia piccola città il blocco dei giovani di sinistra era tutto al liceo classico; fra le due scuole c'era un invisibile e insuperabile barriera, le comitive erano diverse e non comunicanti, eccetto che per occasionali e rari incontri in cui dovevo sopportare l'arroganza dei classici.
In fondo mi trovavo bene nella mia, non avevo nessun rispetto per i loro studi greci e per le loro barbe incolte.
A vent’anni invece, quasi per caso, entrai in contatto all'università con un gruppo politicamente molto più surreale dei giovani militanti dei partiti tradizionali.
In facoltà c’erano dei tizi che vendevano un giornale con l'aspetto tipografico da anni ’70, le parole si stingevano lasciandoti sulle dita macchie d’inchiostro nero, la testata si chiamava Lotta Comunista.
A venderlo barbuti dall'aspetto polveroso, ma ogni tanto c’era pure qualche ragazza carina finita nella loro rete in modo piuttosto misterioso.
Una di loro mi convinse non soltanto ad acquistare il giornale - cosa che alcuni studenti facevano come un gesto di carità ammantato di una nostalgia per un futuro che non avrebbero mai vissuto- ma a partecipare perfino a una loro conferenza, l'incontro si sarebbe tenuto in un seminterrato dalle parti di Rebibbia, il tema della serata Oblomov come metafora della esperienza televisiva contemporanea.
Oblomov è il personaggio del romanzo russo omonimo scritto da Goncarov e racconta di un uomo che vive nell’apatia più completa, la conferenza era tenuta da un presunto dottorando di scienze politiche che dissertava sulla asocialità del mezzo televisivo e su come il telespettatore medio sia assolutamente incapace di esprimere una opinione di qualsiasi genere, di come sia diviso dagli altri esseri umani e quindi dai membri della sua stessa classe.
Internet esisteva già da diversi anni e loro erano rimasti fermi ad analisi da dopo Guerra Fredda.
Quelli di lotta comunista si professavano leninisti e intendevano seguire alla lettera l’ortodossia che aveva portato alla rivoluzione sovietica del 1917, non volevano accettare il passaggio del tempo.
Ovviamente mi guardai in sala alla ricerca della ragazza per cui ero venuto all'incontro ma non c'era, pensai che anche loro avessero appreso l'uso delle hostess per raccogliere persone utili alla causa.
Quando il tizio concluse il suo monologo, intervenni chiedendogli se in fondo anche il mezzo cinematografico non abbia la stessa funzione, al cinema si va con altra gente ma si è comunque soli; ogni esperienza estetica è fortunatamente solitaria.
Non si può leggere un libro in due, almeno che non stai seducendo qualcuno alla maniera stucchevole di Neruda o ti stai preparando a fare l'amore; sei solo con te stesso, chiuso in un dialogo con chi lo ha scritto, non c'è da dibattere con nessuno, è questa la sua bellezza.
Il conferenziere rispose in modo sprezzante alla mia domanda, cambiò argomento, fu maleducato senza essere arrogante, in modo gelido, non fece trasparire la minima emozione.
Mi davano l'idea di essere dei venusiani, senza cuore né anima, tutta mente e dottrina, mi immaginai che così dovevano essere stati i brigatisti rossi degli anni '70.
Erano in giacca, tutti i loro capetti erano vestiti in giacca, ci tenevano ad essere seri, a non confondersi con quelli dei centri sociali che detestavano.
Per loro quelli dei centri sociali erano trozkisti o deviazionisti di cui diffidare, anarcoidi senza neanche aver letto bene Bakunin, erano anti sistema avventurosi e senza scientificità, fumavano troppa erba; loro invece volevano essere autentiche avanguardie del proletariato, per questo i loro vertici si vestivano in modo impeccabile ed erano sempre ben pettinati, come Mormoni o Testimoni di Geova.
Proprio come i Testimoni di Geova andavano a vendere il giornale porta a porta, bussavano alla ricerca di nuovi improbabili finanziatori.
Ero nuovo e mi chiesero, malgrado il mio intervento fuori luogo, di unirmi a loro per la vendita settimanale nel quartiere.
Era sabato mattina e mi ritrovai in coppia con un tizio disadattato che aveva una parlantina sciolta e automatica da imbonitore.
Mi fermai davanti a usci aperti con cautela o mai aperti, raccogliemmo qualche risposta sgarbata e un po’ di monete per toglierci di torno.
Non frequentai mai più le loro riunioni inquietanti.

3 commenti:

  1. Hai fatto bene! Io ci sono cascato e mi sono rovinato la vita. Lotta Comunista è senza anima nè cuore

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  2. Anch'io sono caduto nella loro trappola, sguazzandoci per un bel po' di mesi, con l'illusione, dura a morire, d'aver ritrovato il gruppo che da sempre aspettavo.
    Che amara delusione, amico! Quanto denaro buttato, quanto tempo sprecato, ma, soprattutto, quanta fiducia nel prossimo bruciata e mai recuperata!

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  3. Evidentemente alle "riunioni inquietanti" preferirai guardare Ballarò dove trovi attori superpagati che interpretano il roulo del politico. Cioè una accozzaglia di personaggi che nulla hanno a che vedere col mondo dove vivono lavoratori, pensionati ecc. che imputano a quello seduto di fronte le malesorti del "paese" (come se all'interno dei confini di un paese fossimo tutti uguali). O forse preferisci partiti dove fare politica significa servire ai tavoli di un ristorante o preparare pietanze, mentre i quadri sono in parlamento a 15000 euro al mese. Io sono in Lotta Comunista, nessuno mi ha mai costretto a fare cose che non volevo fare, ho avuto i mezzi politici e teorici per operare nel sindacato e ho stretto amicizie. Auguri di buona visione dei talk show.

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