sabato 23 aprile 2011

Contro la bomba atomica


Non so quando iniziai ad aver paura della bomba atomica, quando iniziai a fare quegli strani sogni in cui bisognava fuggire per scampare alle esplosioni che stavano per piovere a catena dal cielo azzurro e senza nuvole.
Sogni in cui mia madre, sempre attenta al lato igienico delle cose, mentre aspettavamo da un momento all’altro la fine ci diceva prendete la cambiata, cioè mutande, calzini e canottiere pulite da portarci appresso.
Penso che avessi quei sogni perché  andavo a letto troppo tardi e mi impicciavo di cose di cui un bambino  normalmente non si impiccia, probabilmente era per colpa di un piccolo film che andava molto di moda in quegli anni e che ora non passano mai in tv: The Day After.
In quel film si raccontavano  le conseguenze di una  guerra nucleare, la scena in cui tutti i motori delle auto si spegnevano a causa delle onde radioattive era assolutamente impressionante, mi ricordo la luce, un nuovo sole maligno, in fondo esteticamente niente male come morte.
Mi ricordo di come seguivo con interesse le notizie sui summit fra Usa e Urss, di come auspicavo la diminuzione delle testate nucleari e il disarmo bilaterale, di come mi preoccupavo per la voce tropo concitata di una giornalista che parlava dell’epilogo negativo di un vertice a Reykjavik fra Reagan e Gorbaciov nel 1987, avevo solo undici anni.
Mi ricordo l’espressione corrucciata di Gorbaciov che usciva da una porta secondaria ed entrava in macchina sbattendo la portiera e rifiutando di parlare con i giornalisti.
Non si erano messi d’accordo su una cosa semplicemente, eppure mi autoconvinsi che la guerra stesse per iniziare da un momento all’altro.
Io ero per lo scudo spaziale. Reagan, quest’uomo affabile, sempre sorridente, ci prometteva che avrebbe fatto costruire degli scudi per difenderci dai missili sovietici, mi ricordo le animazioni grafiche dei telegiornali che mostravano l’azione degli scudi.
Sarebbero stati in cielo sempre, giorno e notte, cullando il nostro sonno, sarebbero intervenuti intercettando i missili prima che potessero caderci sulle teste.
Non ho mai capito se le tecnologie archeologiche degli anni ’80 avrebbero davvero potuto individuare i missili e distruggerli, comunque allora avevo ancora fiducia nella Nasa.

Nessun commento:

Posta un commento