mercoledì 27 aprile 2011

Contro Wittgenstein


Si possono passare anni a cambiare filosofia scegliendone una adatta, ma sono scelte teoriche, solo l’esperienza conta, solo quella ti cambia.
E l’esperienza nella filosofia non è contemplata, bisogna vivere e non spaccare il capello in quattro, troppa analisi significa stare nella mente e se siamo solo nella mente siamo persi.
Per questo trovavo assurda la sua passione esibita per la filosofia contrapposta alla indifferenza verso qualsiasi artista vero della narrativa, la sua venerazione per Wittgenstein la usai per darle il primo nomignolo e augurarle la buona notte.
Mi aveva citato Wittgenstein e Niechtze per fare colpo, in parte ci era riuscita, dopo mi ero accorto che era un po’ un disco incantato.
Wittgenstein l’avevo già conosciuto, diciamo di vista, durante una lezione di università molti anni fa, ero in compagnia di un cieco.

Non mi piace chiamarli non vedenti, è un termine burocratico che li umilia.
Definereste mai Omero un non vedente?
All’epoca facevo servizio civile all’università e accompagnavo i disabili a lezione oppure da altre parti.
Quasi sempre stazionavo alla casa dello studente, uno dei posti più tristi di Roma malgrado l’impeto giovanile che vi era rinchiuso.
Rinchiuso è la parola giusta vista l’architettura carceraria dello studentato, i mattoni grigi in stile Bucarest anni ’80, la prossimità con l’obbrobrio architettonico del cimitero monumentale del Verano.
Potrei dire che fu un anno utile, ma non so quanto sono stato davvero utile, mi sembrava di essere un impiegato, ero giovane e pieno di inutili riguardi, divenni molto meglio nell’ultimo periodo quando riuscivo a diventare anche stronzo, simpatico e antipatico  a seconda del disabile.

Il cieco  faceva battutine innocenti, cercava di dimostrarsi una persona di spirito ed era arrogante, studiava filosofia e mi tenne una lezione supplementare su Wittgenstein in metro, come se non mi fosse già bastata la noioisissima lezione all’università che mi ero sforzato di seguire perche tanto ero comunque con lui e valeva la pena di sfruttare la situazione.
Mi ricordo che cercò di educarmi alla filosofia mentre si ondeggiava paurosamente come Stevie Wonder, da allora ho scoperto che ci sono ciechi che si ondeggiano e ciechi che sono stabili.

Wittgenstein, ho provato a leggerlo, le sue dissertazioni sul linguaggio sono astruse e indigeribili.
So che c’è un blog famoso che si chiama così, ma non so perchè si chiami così, nè perchè sia così famoso.

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