domenica 3 aprile 2011

Contro l'ipocondria


La gente sfugge alla morte in mille modi, la paura di morire si esprime di solito in consulti medici, in un continuo ossessivo cialrare di malanni fisici.
Troppo complicato riflettere sul senso del presente o sull’eternità, troppo complesso cercare di aggirarla attraverso la meditazione o l’anima.
L’anima, o la mente, devono sempre essere cose di cui parlare in tono scaramantico, come fanno i bigotti e le vecchie in treno.
Ne parlano al telefono in treno, ne parlano di persona, ascolto la descrizione di viaggi e visite, con deferenza si parla di medici come se fossero competenti santoni e benefattori, si discute di ospedali e di medicinali.
Sono donne del sud, calabresi e siciliane,  ingenuamente fiduciose nella chirurgia ma fataliste all'occorrenza.
Quando vedo le farmacie stracolme di gente che chiedono medicinali per ogni minima cosa, o quando leggo della spesa pro capite degli italiani in aspirine e antistaminici capisco quanto la gente abbia bisogno di sicurezze o di distrazioni.
L’ipocondria è generalizzata e sottile, non ha più il volto di Moliere, è la medicalizzazione della vita.
Armadietti strapieni di sostanze chimiche e di rallentatori dell’età, e ognuno vuole sfuggire al tempo e ne resta sempre e di continuo imbrigliato.

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