martedì 3 maggio 2011

Contro chi si nasconde


Ero in un internet point lercio della Patagonia, una specie di bar dall’aspetto del circolo di biliardo senza biliardi, in mezzo a computer vecchi con schermi dai colori starati e tastiere cigolanti.
Bevevo una birra e mi sfogavo con chiunque trovassi on line dall’altra parte del mondo, a solo quattro ore di fuso orario di differenza.
È strano il mondo, sei in un posto lontano, alla fine del pianeta e ti aspetteresti che ci siano almeno otto ore di differenza con la tua nazione, che da una parte sia buio e dall’altra sia luce, invece da una parte è inverno e dall’altra è estate eppure si è quasi in sincrono. Quattro ore sono niente.
Dalle casse mal amplificate del posto usciva una canzone, argentina, pop rock stranamente familiare, dopo poco indovinai cos’era: si chiamava Deja Vu.
Proprio quella canzone che mi aveva dedicato per spiegarmi cosa provava, l’avevo ascoltata un paio di volte, non di più, non mi piaceva.
Ora la ascoltavo e  mi faceva effetto, avevo chiara dentro lo stomaco la sensazione della fine: immotivata ma percepibile.
Quando la beccai in chat non capiva cosa provavo, nulla.
Quella sensazione era irrazionale.
Gelida mi disse solo.. non sono mica morta.. così sembra che sono morta. Non tutti conoscono l’elaborazione del lutto.
Ci ha messo un po’ a morire, non sono bastate ventiquattro ore, c’è voluto il ritorno e la sparizione progressiva.
Prima il corpo diventa voce, poi sparisce anch’essa, poi muoiono le protesi che abbiamo tutti: i nostri contatti facebook, skype, quello chat di gmail, da verdi diventano invisibili.
Poi dobbiamo lottare contro i cookies dei nostri computer e dei siti internet che memorizzano tutto alla perfezione  e cercano di provocarci in mille modi, spingendoci a mandare mail inopportune o a fare gesti inconsulti.
Io non sono uno che si mette a toccare le cose e così i contatti morti restano spiriti da addomesticare.
E poi rimangono i numeri, il cellulare, il fisso, quelli cominciano a morire dimenticandoseli, se ancora sono in rubrica trovi il modo di saltarli.
Poi c’è la tentazione di scoprire qualcosa perché ora è possibile, mille piccoli legami si possono trovare in rete, ma se uno è sfuggente e si nasconde l’operazione è frustrata in partenza.
Anche io prima o poi ho fatto morire tutto, ma senza metterci poco tempo; non si uccide in poche ore, c’è il giusto tempo dell’agonia da rispettare e sono trasparente perché il mondo mi appartiene.
Io non mi nascondo.

1 commento:

  1. bellissimo questo post mi ha lasciato senza fiato..per chi, come me, ha dovuto affrontare i tuoi stessi spiriti, sentirsi così trasparente e nuda è una sensazione unica...grazie
    z. :D

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