martedì 17 maggio 2011

Contro la televisione


La televisione, per attrazione o repulsione, frega tutti: tutti hanno qualcosa da dire o da pensare sulla televisione. 
Tutti ci sono nati con la televisione, io ci sono anche andato a lavorare per vendicarmi delle troppe ore passate a guardarla da bambino, e per  guarire dalle ossessioni che mi ha messo addosso.
Da bambino, ad esempio, avevo il terrore che mio padre si dimenticasse di pagare il canone. Quando le signorine buonasera ricordavano l’approssimarsi della scadenza e comunicavano in modo ufficiale le tariffe per le tv a colori e per le tv in bianco e nero, chiedevo a mio padre se lo aveva pagato e lui rispondeva ancora no, io allora piagnucolavo e dicevo no..ci staccano il televisore, ci staccano..
Quando, anni dopo, è arrivata una lettera della Rai in cui mi intimavano il pagamento del canone, utilizzando dei giri di parole burocratici per indorare la pillola, sapevo già che non avevano il potere di individuarti e di staccare la televisione. Ora fanno degli spot con i loro conduttori di punta per convincerti a pagare, non minacciano come un tempo.  Non fanno più piangere bambini stupidi.

Ora in tv vedo solo le partite di calcio;  a volte, quando mi parlano di qualche programma televisivo progressista, fingo di averne visto un pezzo.
Eppure non sempre è stato così.
Una volta c’era l’Almanacco del giorno dopo. 
Lo trasmettevano prima del telegiornale di Raiuno, alle otto, nell’ora in cui oggi si contendono gli ascolti quiz ad automazione spinta.
All’Almanacco dicevano cose come il sole sorge alle 6 e ventidue, ed io ero certo che sarebbe sorto in quell’orario preciso. Dicevano sei e ventidue anche se a Milano, Roma e Palermo il sole sorge sempre ad orari diversi.
Il sole sorgeva per l’Almanacco in un’ora sicura e chiara, di una chiarezza incontrovertibile.
L’Almanacco era un programma mosaico composto da tanti pezzi, come il lego. L’aneddoto del giorno,  due minuti di grammatica, la difesa del congiuntivo contro la cattiva abitudine ad un uso scriteriato dell’indicativo, quindi tre minuti di buone maniere, anzi di bon ton, con il conte Nuvoletti.
A condurre da studio c’erano, a rotazione, le annunciatrici televisive: le stesse che mi facevano piangere, con le loro garbate minacce sui rischi del non pagamento del canone, diventavano per l’occasione buone e sagge.
Mi annunciavano i santi del giorno.
Il programma finiva sempre con una di loro che leggeva un proverbio popolare.
Portavano vestiti di dubbio gusto, dai colori accesi, ho saputo dopo che se li compravano da sole.

1 commento:

  1. Noooo...L'Almanacco del giorno dopo! lo guardavo sempre da piccina picciò, e la televisione mi sembrava una cosa seria con tutti quei semplici consigli! :) Colpa forse anche del fatto che la guardavo dal basso, seduta al mini tavolo che mio padre aveva costruito per me e mio fratello. che ricordi!!!

    Giò

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