giovedì 19 maggio 2011

Contro il critico

La commentatrice sconosciuta del mio blog dice che non so guardare  le cose buone della vita, non so trovare il bello, come fa lei, in una poltrona abbandonata in mezzo alla strada. Facile criticare, dice.
Troppo semplice attaccare le reflex e le ragazze che fotografano di continuo.
Troppo semplice prendersela con il povero De Gregori, di cui è acritica estimatrice; è giovane, va ancora ai concerti con entusiasmo, le piacciono le parole da poeti.
Volo, cielo, leggero, anima: parole aeree.

E’ più difficile trovare il bello che l’imperfetto, aggiunge; come se non lo sapessi fin troppo bene.
Per trovare il bello, però, la scrittura non serve; se vivessimo pienamente le nostre vite, non perderemmo un secondo a mettere parole su carta.
Quando sarò tutt’uno con il mondo, impresa disperata a cui tutti dovremmo aspirare, non avrò più bisogno di scrivere, non cercherò di comporre una inutile poesia per descrivere cosa provo.

Lo scrittore precario mi compatisce perché ci sarebbero tante cose belle di cui parlare, secondo lui non apprezzo abbastanza la vita, come se la scrittura non fosse, anche, cacciare fuori il veleno: dimenticare e ricordare allo stesso tempo, con un movimento simultaneo ed opposto.

I miei contro sono, spesso, per capovolti, ma la cosa passa inosservata, e forse non hanno tutti i torti.
Così esco, deciso a far pace con il mondo.
Sorrido alla ragazza seduta, di fronte a me, al tavolo del bar; 
è buddista, lo sta raccontando a una aiutante parrucchiera, curiosa di provare i mantra.
La ragazza vuole attaccare bottone perché è estroversa e non le piace mangiare sola; a me basta sorriderle, passarle i condimenti e suscitare domande. Ci siamo già visti altre volte, la rivedrò, non c’è fretta.

Vado dal chiosco dei bengalesi, dopo mesi di assenza, e faccio pace anche con loro.
Il padrone mi chiede che fine avevo fatto e dove siano spagnole, coreane, turche, e così via.
Rispondo inventando una storia di sana pianta, sono stato via alcuni mesi, sono appena tornato dal Sudamerica, girandolo in lungo e in largo. Mi chiede com'è l’Argentina.
Di tutti i paesi del continente ha scelto quello sbagliato, ma non mi scompongo.
Mi ha chiesto dell’Argentina perché ha delle mele che arrivano da là, mi fa vedere il cartone, sopra c’è scritto Patagonia Fruits, mi chiede se viaggio molto.
Fingo di essere stato in posti dove non ho mai messo piede; è divertente cambiare la realtà, di tanto in tanto.

In Sudafrica mi chiede? Da là arriva l’uva
Rispondo di sì e accenno due frasi stereotipate su natura incontaminata e stile di vita.
Nuova Zelanda?
Da lì arrivano i kiwi
Sì.
Marocco?
Datteri…
Annuisco, rispondo sì a tutto.

La frutta arriva da tutto il mondo, il capo dei bengalesi prova a immaginarsi i luoghi, quando va a ritirare le casse al mercato.

Mio cugino va a vedere ogni sera le previsioni meteo di qualche città sperduta della Finlandia o della Mongolia; anche conoscere le temperature di posti remoti è un modo per essere parte del mondo, per sentirsi più vicini all’altro.

Alla fine il bengalese mi chiede di nuovo notizie dell’Argentina, domanda: è meglio là?
Resto zitto per alcuni secondi e poi gli rispondo: no, no, è meglio qua.

2 commenti:

  1. questo post è il più bello di tutti, mi spiace averlo letto ora, troppo presto. Ma devo finirla di rimandare il bello e il buono. Va bene così.

    RispondiElimina