lunedì 16 maggio 2011

Contro Woody Allen


Woody Allen è stato un quasi genio ma i registi possono anche peggiorare, non sempre sei Clint Eastwood.
Le ragioni sono state varie, come sempre accade nel declino degli artisti, ma la principale è stata la figa.
Tutto ebbe inizio quando si mise con la sua figlia adottiva, lasciando Mia Farrow; fu il principio della fine, il segno che presto sarebbe entrato nel circolo soldi per alimenti, alto tenore di vita, necessità di girare anche quando non sei ispirato.
Il mondo del cinema lo perdonò immediatamente, come fa sempre quando si tratta di autori, vedi Polanski che si scopò una quindicenne, dopo averle dato alcool e pasticche, nella piscina della sua villa a Beverly Hills.
Woody dirige un film quasi ogni anno.

Gli Stati Uniti hanno tanti difetti ma anche qualche pregio, ad esempio hanno capito che Woody non è più in grado di girare film decenti, e ora lì neanche escono più.
Tutti i suoi film sono concepiti per il mercato europeo, o al massimo per il mercato sudamericano dove cercano di darsi delle arie da europei per dimenticare la loro totale, completa colonizzazione yankee.

Una volta discussi con M, lei stava vedendo un film di Woody Allen in Internet e non aveva voglia di parlarmi al telefono.


Stava vedendo Basta che funzioni, una pellicola che tutta la critica sopravvalutò in modo clamoroso.
La storia di un vecchio intrattabile che si innamora di una giovane ragazza appena arrivata dalla provincia; all’inizio si ride, poi il film diventa una commedia degli equivoci un po’ datata, quindi si conclude con un happy end moraleggiante.
Lei mise il finale su Facebook qualche giorno dopo, le era piaciuto. Non feci alcun commento e mi costò, non era facile sopportare le sue critiche su qualsiasi cosa postassi.
Non sapeva chi era Bearzot, pensava fosse solo calcio; non sapeva cosa significa lo sbarco sulla Luna, pensava fosse solo un banale satellite.
Aveva qualcosa di ottusamente maschile nella sua durezza da logica binaria.
Ora Allen gira le sue pellicole fra Barcellona e Londra sfruttando facilitazioni fiscali, attori locali, e buone maestranze.


Nel tempo perso si esibisce in concerti costosi, suonando male un jazz decrepito con il suo clarinetto, e poi va nei ristoranti migliori a bersi dei calici di buon vino.
Ogni tanto scrive ancora battute poco pungenti sulla psicoanalisi.
Ho provato a fare analisi solo una volta, ero appena tornato dall’Argentina.
Aspettavo da tempo un pretesto qualsiasi per sperimentarla.
Iniziai a raccontare all’analista gli ultimi sviluppi della mia vita.
Era troppo attento alle singole parole, come se ognuna di esse dovesse avere un senso; a me sembravano invece imprecise, maledettamente imprecise.
Mi esprimo meglio scrivendo pensai, mi sentivo frainteso.

Parlammo di Allen anche uno degli ultimi giorni, mi chiedeva giudizi, ero già diventato troppo guardingo.
Forse per questo lo sto trattando peggio di come meriterebbe, o forse se lo merita proprio.
Ho sentito che girerà un film, in Italia, con Roberto Benigni. 
Ne avrà parlato anche Mollica in un servizio al telegiornale, avrà sprecato elogi.
Fra qualche anno M. posterà il finale del film su Facebook, non farà fatica a trovare gente che le aggiunge un Like.

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