venerdì 20 maggio 2011

Contro gli amori con ragazze straniere

Luca non può più cucinarsi le crepes da quando la sua ragazza francese se ne è andata via.
Francesco non mette più piede all’Ikea da quando la sua ragazza svedese lo ha mollato. 
Non può sopportare la vista di un letto Oppdall o di un trancio di salmone Gravad Lax nell’angolo gastronomico.

Carlo sobbalza sempre se, camminando per strada, ascolta una pronuncia tedesca.

La fine di un amore con una ragazza della tua stessa nazione è meno complicata, lascia meno riflessi nel mondo.
Non ci sono state nuove abitudini da assimilare, nuove parole da imparare, nuove espressioni non verbali da comprendere.
Prima di conoscerla, prendevo lezioni di tango con una mia amica.
Il maestro era bravissimo, riusciva a trovare  un senso da ogni passo, e diceva parole bellissime sull’amore e sugli uomini.

Riuscire a fare un movimento apparentemente impossibile per le mie stupide gambe era una piccola vittoria.
Lei non ballava il tango, in realtà non le piaceva nemmeno.
Quando le dissi che in Italia era di moda si morsicò il labbro inferiore e scosse la testa, segnale che in seguito avrei imparato a decifrare come perplessa commiserazione delle strane abitudini altrui; si stupiva che i giovani lo ballassero così tanto.
Malgrado questo mi portò, con l’unica sua amica tanghera, in una milonga di Buenos Aires.
Bevemmo qualcosa e guardammo la gente girare in tondo, la pista era affollata.
Lei era refrattaria ad ogni tipo di ballo, anche se avrebbe il corpo perfetto per la danza.

Quella sera mi chiese, a un certo punto, cosa vuoi da me? sorridendo e stringendosi al mio corpo come non era sua abitudine. In quel momento era gelosa in senso vago: gelosa del mondo, delle possibilità che mi offriva, era innamorata.
La cosa mi faceva sorridere, non ho mai creduto molto alle possibilità, quando giocavo a Monopoli ero attratto più dalle carte rosse degli imprevisti.
Quando eravamo a distanza tutto le ricordava me.
A Buenos Aires, l’Italia, anche se in versione simulata e approssimativa, è ovunque.
Negozi di pasta fresca, ristoranti con qualsiasi nome di nostra città vi possa venire in mente, e bandiere, marchi commerciali, perfino termini del dialetto locale.
Per me l’Argentina, invece, erano i giocatori di calcio così numerosi nella nostra serie A e il tango, promosso da volantini sparsi per la città, sopra i tavoli dei bar.

Il calcio non posso fare a meno di seguirlo, il tango non riesco più a ballarlo.

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